Luca, il protagonista de "La Dea Bendata", una volta diventato così ricco, decide di vestirsi Armani.
In questo c'è molto di autobiografico, perché anch'io, che sono l'autore, da sempre considero lo stile Armani, sia per un uomo che per una donna, l'unico che veramente ti faccia apparire una persona raffinata, elegante. Allo stesso tempo una persona sobria, una persona di buon gusto, una persona armoniosa. Linee raffinate, non troppo appariscenti, colori unici così delicati e così romantici, in quelle belle tinte pastello. Neri che non sono neri, bianchi che non sono bianchi, un blu che non è un blu, ma un grigio che sa di blu, o un blu che sa i grigio!
Dal Capitolo 4
Ora potevo entrare in un qualsiasi ristorante e sedermi
in mezzo a tutti quei turisti e a tutti quei signori in giacca e cravatta, che
si capiva benissimo che erano direttori di banca, o direttori d’ufficio. Potevo
benissimo essere uno di loro, anche se io quel giorno non ero in giacca e
cravatta, ma sicuramente io ero più ricco di ognuno di loro. Ero vestito
abbastanza bene, ma certamente non ero né firmato, né alla moda, e forse questo
fatto qualcuno avrebbe potuto notarlo.
Decisi, mentre ero a tavola, che nel primo pomeriggio
sarei andato in galleria Cavour a fare spese da Armani.
Da sempre io adoro le collezioni Armani e da sempre mi
ero ripromesso che, se io un giorno fossi diventato ricco, mi sarei solo ed
esclusivamente vestito da Armani.
Ora ricco lo ero (ma forse ancora non me ne rendevo veramente conto) e allora quel pomeriggio avrei fatto
shopping da Armani.
Scelsi un abito, un soprabito, un paio di camicie, due
jeans e tre maglie e alcuni accessori, oltre ad un po’ di biancheria intima. Il conto
arrivò a quasi quattromila euro.
Lo show-room Armani a Bologna, in Galleria Cavour
Dal Capitolo 16
A mezzanotte della vigilia, dopo che ci eravamo saziati
con cibi deliziosi e tutti ben preparati, brindammo. Poi io andai in un’altra
stanza e poco dopo ritornai sospingendo un carrello fin sotto l’albero che io e
Fabio avevamo allestito e addobbato.
Su quel carrello avevo disposto tutta una serie di
piccole scatole, tutte legate da un nastro, ed un’unica grande scatola bianca,
con un bel fiocco che annodava una rosa.
Erano i doni da parte mia a ciascuno di loro,
relativamente preziosi, visto che li avevo acquistati tutti in gioielleria. La grande scatola bianca invece era il mio regalo per
Fabio.
Avevo fatto quest’ultimo acquisto per Fabio la mattina
che eravamo andati a Milano ad accogliere Paul e Samantha in arrivo da San
Francisco. Ero andato con lui nel grande negozio di Giorgio Armani in via
Manzoni e gli avevo acquistato uno stupendo smoking da sera, completo di tutti
gli accessori, ovvero camicia, scarpe e cravatta. Fabio
aprì davanti a tutti quella grande scatola bianca e naturalmente recitò di
essere sorpreso, dal momento che sapeva benissimo che cosa conteneva.
Tuttavia fu sorpreso ugualmente quando all’interno scoprì che vi era una
piccola scatolina, simile alle altre, per lui. L’aprì e con
meraviglia vide che conteneva una bellissima coppia di gemelli da camicia in
oro bianco e brillanti. Mi era costata una cifra, ma per Fabio era il minimo
che avrei potuto fare.
C’era una bella allegria tra noi quella sera, e così un
po’ per gioco e un po’ per curiosità, tutti imposero a Fabio di salire in
camera ed indossare per loro quel capo.
Quando dopo dieci minuti Fabio scese la scala, io rimasi
davvero a bocca aperta, sembrava un fotomodello, un principe, una divina
creatura! Mi sentii emozionato e pensai che lui comunque era il più regalo che in
realtà la Dea Bendata mi avesse fatto in quel magico anno.
Fabio indossò veramente quell’abito, che non era nero ma
di uno scuro color antracite, in occasione della festa dell’ultimo giorno
dell’anno. La trascorremmo assieme a Paul e Samantha a Venezia, in un
bellissimo albergo della Laguna.
In quella occasione, in quell’elegante salone dove si
svolgeva la festa, con tanta gente elegante, un rinfresco e l’orchestra, io fui
quasi geloso di Fabio. Non certo per lui, di cui mi fidavo, ma perché lui era
talmente bello, con quello smoking di Armani e pure un poco abbronzato, che
molte ragazze lo avevano adocchiato e con lui si intrattenevano. Anche un paio
di maschi, bellissimi pure loro, io mi accorsi che lo
tenevano d’occhio.
Armani a Milano, in via Manzoni
Dal Capitolo 20
Rientrammo in Italia
dopo otto giorni. La nostra romantica vacanza a Parigi era stata un’ottima
idea, c’eravamo riposati, rilassati tantissimo e poi a Parigi avevamo pure deciso di sposarci.
Durante il viaggio di
ritorno ci fermammo a Milano. Volevo fare un salto in via Manzoni, da Giorgio
Armani, per ordinare gli abiti.
Io trovai subito per
me un perfetto abito nero, di quel nero che non è nero, tipico di Armani, e lo
fermai. Fabio invece ne provò diversi, ma nessuno lo soddisfaceva del tutto,
vuoi per la forma del collo, vuoi per il numero dei bottoni o la taglia, troppo
stretta o pure secondo lui troppo larga.
Finalmente il ragazzo
gentilissimo che ci serviva (sicuramente era gay, lo sono quasi tutti i
commessi di Armani!) ne trovò uno perfetto per Fabio e poi ci chiese: «Scusate l’indiscrezione, ma per quale occasione
deve servire quest’abito?»
Io senza esitazione risposi,
più che certo che lui fosse gay e che quindi avrebbe compreso benissimo il problema
di Fabio: «Sono gli abiti che indosseremo il giorno del
nostro matrimonio» .
Senza fare una piega,
il ragazzo disse: «Ottimo!… lei in nero… la
sposa la vedrei in bianco!… Proprio per questo modello, che ha appena provato,
abbiamo anche la versione in color avorio, quasi bianco».
«A parte che lui non sarà la sposa – dissi io –
comunque l’idea di uno in nero e l’altro in bianco non mi dispiace!»
Pure Fabio si convinse
che in bianco, quel bianco che non è un vero bianco, ma un chiarissimo color
avorio, lui stava benissimo.
Li acquistammo e poi,
dopo una rapida passeggiata in via Montenapoleone, ritornammo a Bologna.
Linea uomo in Via Manzoni